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Liturgia e pietà mariana alla prova della postmodernità.
XIX Simposio Internazionale Mariologico – Marianum, Roma
di Carmelo Dotolo

1. Il non-significativo della liturgia e il contro-senso della pietà popolare
La questione. Un dato sembra emergere: lo scollamento tra liturgia e cultura contemporanea, tra significato e significativo, che si evidenzia una certa crisi di persuasività delle forme di culto, la cui ricaduta sta nella difficoltà ad alimentare percorsi di fede e a contribuire ad un’identità cristiana secondo il paradigma cristologico.
Se la questione è presumibilmente questa, allora, è importante soffermarsi sul nesso liturgia-postmodernità, anche sulla base di un altro fenomeno che è indicatore di quale sia il valore dell’esperienza religiosa e quale ricaduta abbia sui vissuti. Con sorprendente vitalità, infatti, la pietà in genere e mariana in particolare, sembra erodere la tesi di una crisi della devozione e di una perifericità del religioso nei riguardi del quotidiano a motivo della sua capacità di attivare partecipazione e coinvolgimento nella dinamica rituale che esprime.

2. Per un’ermeneutica della post-modernità: le forme del religioso
Da questa angolatura, vorrei suggerire di cogliere la post-modernità come uno spazio di ricerca che si caratterizza per una globale situazione di scelta, per una mutazione della relazione con il mondo e per la percezione ed esperienza della molteplicità. All’interno di questo, le strategie quotidiane del senso rintracciabili nella configurazione dell’esperienza religiosa, rappresentano un importante indicatore per la comprensione culturale del nostro tempo.

a) Una religiosità fluida. L’interrogativo è se l’epoca post-moderna sia realmente erede della decostruzione valoriale del religioso operata dalla modernità e se, di riflesso, fu vera secolarizzazione quella avviata dai processi di differenziazione sociale, con la relativa dissoluzione del religioso. L’esito è sotto gli occhi di tutti, a tal punto che si parla di una società post-secolare e di un processo di de-secolarizzazione che indica un percorso di riscoperta delle credenze e pratiche religiose, anche se distorte e contaminate. Il quadro è intrigante nella sua composizione.

b) Rifunzionalizzazione del religioso? Sulla base di tali considerazioni, emerge l’idea di una relazione tra religiosità e quotidiano, di una ricerca di un surplus di senso che attiva quel bisogno di mutamento interiore provocato, tra l’altro, dalla pluralità delle offerte religiose. Anche per questo affiora la necessità di un lavoro di reinterpretazione della tradizione in funzione delle domande del presente. Ciò accomuna l’esigenza religiosa popolare come “uscita di sicurezza”, alla praticità della sua aderenza alle svolte impreviste che il vivere impone.
La pietà popolare e mariana sottolinea la sporgenza di una fede “ingenua” che non corrisponde, necessariamente, al tessuto socio-culturale di provenienza, ma all’esigenza di una spiritualità che non disattivi il rapporto con il sacro.

c) Una fede cristiana post-tradizionale. Una delle istanze postmoderne è che la particolare richiesta di spiritualità, devozione, religiosità, confermi l’impossibilità di escludere o marginalizzare l’esperienza religiosa dalla ricerca del senso, sebbene non corrisponda ad un’ideale forma di religione. Si tratta di una religiosità affine al desiderio dell’umano destino della vita e, quindi, di un credere stemperato a livello di sentimento autoreferenziale? O si è, anche, alla presenza di un appello ad una qualità diversa del credere? Il dubbio è più che legittimo se, nella forma devozionale della pietà, traspare un retroterra religioso ancorato ad un passato, più che a un approfondimento della dimensione propria del messaggio evangelico.
Se l’impressione sociologica è che il ricorso alla tradizione cristiana testimoni, paradossalmente, una sua lenta amnesia culturale (fatte le debite eccezioni di feste e devozioni popolari), ciò non conduce ad un suo inerme tramonto, ma ad una irrilevanza di alcune sue forme storiche. Dato, questo, che il processo di secolarizzazione ha accentuato, interprete di un’esigenza qualitativa del credere cristianamente inteso.
Non è casuale il fenomeno dell’incertezza dell’appartenenza ecclesiale, le cui ragioni possono essere molteplici. Ma una delle conseguenze che fanno più riflettere è stata quella di ecclesializzare il cristianesimo, come osserva F.X. Kaufmann, cioè di reputare le comunità ecclesiali luogo proprio ed esclusivo dell’esperienza cristiana, come se la fede potesse aver valore soltanto all’interno dell’ambito specialistico cristiano, rischiando di ridurre la novità evangelica ad addetti ai lavori.

(tutto il testo è disponibile in formato pdf)