Schema di sintesi
per il corso:
1. Premessa
Una delle questioni più dibattute nell’approccio
alla persona di Gesù di Nazaret è la possibilità o
meno di accedere alla comprensione della sua figura e
del suo mistero, attraverso quel movimento pendolare
che va dalla storia alla fede e viceversa. L’interesse
storico della ricerca, già documentato nei dati
neotestamentari in cui l’annuncio di Gesù come
il Cristo è legato ad una narrazione storico-salvifica,
si accompagna alla particolarità del kerygma,
dell’annuncio nel quale la fede cristologica va
oltre il dato fenomenologico della persona di Gesù.
Eppure, proprio tale intreccio interpretativo nel quale
l’ermeneutica delle origini si coniuga con l’ermeneutica
del significato della sua identità, sembra riaprire
il dossier sulla realtà di Gesù e
sulla sua singolarità all’interno dell’universo
religioso; e con esso, il necessario equilibrio tra una
ricerca storica e una intelligenza teologica che evitino
sia le strettoie di uno storicismo inadeguato, sia la
riduzione a un discorso mitico o simbolico. Non è un
caso che la nota conferenza di E. Käsemann del 1953,
che riapre il dibattito dopo l’ipoteca kerygmatica
della ricostruzione bultmanniana, concluda con la convinzione
che l’enigmaticità del Gesù storico
pone una riserva critica nei riguardi di qualsiasi riduzione
pregiudiziale della persona di Gesù. «La
questione del Gesù storico è, legittimamente,
la questione della comunità dell’evangelo
nella discontinuità dei tempi e nella variazione
del kerygma […] L’evangelo è legato
a colui che, prima e dopo pasqua, si è rivelato
ai suoi come Signore, ponendoli davanti al Dio vicino
e di conseguenza nella libertà e responsabilità della
fede […] Per questo, alla fin fine non è possibile
classificarlo né in una prospettiva storico-religiosa,
né in una prospettiva psicologica o storica. Se
proprio dev’essere classificato in qualche modo,
occorre parlare nel suo caso di contingenza storica.
In questo senso, il problema del Gesù storico
non è un’invenzione nostra, ma è l’enigma
che egli stesso ci propone».(1)
Ebbene, proprio tale questione sembra essere il leit-motiv che
ha alimentato la ricerca su Gesù,
2. Le fasi storiche della ricerca
Scrive Den Heyer: «Reimarus introdusse un’idea
che, da allora in poi, diventò una delle questioni
più importanti nella discussione sul Gesù storico.
Mentre per secoli si era ritenuta ovvia la continuità fra
la vita di Gesù e la predicazione della comunità primitiva,
Reimarus ne accentuò la discontinuità».(2) E’ proprio
la discontinuità diventava il criterio di lettura
di Gesù, alimentando quel conflitto interpretativo
che optava per una inconciliabile frattura tra l’immagine
concreta di Gesù e quella che si delinea dalle
testimonianze neotestamentarie, fino alle prime formulazioni
dogmatiche. E’ da questa prospettiva che nasce
la ricerca sul Gesù della storia. Fino al XVIII
secolo, infatti, la questione era secondaria, poiché erano
evidenti due presupposti: il valore storico dei vangeli
a motivo del loro carattere di testi ispirati; gli autori
riflettevano le circostanze storiche della vita di Gesù.
La ricerca sul Gesù della storia che nasce alla
fine del XVIII secolo, si sviluppa in tre fasi.
1) La prima che va da H. S. Reimarus a M. Wrede denominata Old
Quest (1778-1906) o più semplicemente First
Quest, elaborava uno scetticismo storico che sanciva
la discontinuità radicale tra il profeta escatologico
Gesù e la comunità cristiana, fino a configurare
l’ipotesi di una marginalità della storicità di
Gesù o, comunque, una funzionalità relativa
alla vita di fede del credente. In estrema sintesi, la
prima fase si concludeva con un ipoteca critica circa
la conoscenza del Gesù storico. In particolare:
a) l’impossibilità di approdare al Gesù della
storia e di conoscerne la personalità; b) la categoria
di mito era usata per spiegare buona parte del materiale
evangelico; c) il fossato, per certi versi, incolmabile
tra il Gesù della storia e il Cristo della predicazione
apostolica; d) l’importanza determinante della
creatività delle comunità ecclesiali primitive.
2) E’ in reazione a questa lettura che l’indagine
storica su Gesù di Nazaret apre una stagione feconda
di ricerca che, dopo la parentesi della No Quest (1921-1953)
in cui la distanza tra il Gesù storico e la testimonianza
della Chiesa diventa sempre più incolmabile, rimette
al centro l’originalità del messaggio di
Gesù, rintracciando in esso la possibilità di
affermare la continuità tra il Gesù storico
e il Cristo della fede. Lo evidenzia J. Jeremias: «Qualcosa è accaduto,
qualcosa di unico, irripetibile, qualcosa mai avvenuto
sinora. Abbiamo accumulato paralleli ed analogie nella
storia della religione […] Tuttavia più analogie
accumulavano tanto più chiaro ci appariva che
il messaggio di Gesù è senza analogie».(3)
Negli anni dal 1953-1985, la ricerca (New Quest)
punta all’interpretazione-comprensione della continuità tra
il kerygma e i fatti storici della vita di Gesù.
Dinanzi alla posizione del grande esegeta protestante
R. Bultmann, che insisteva sul fatto che Gesù rappresenta
l’eloquente simbolo del rapporto di fede tra l’uomo
e Dio, si profila la necessità di una criteriologia
in grado di mostrare l’autenticità dei Vangeli
e, così, ricostruire l’insegnamento di Gesù.
In tal modo, si ponevano le basi per una rivalutazione
della storicità dei vangeli, alla cui base è rinvenibile,
in forma implicita o germinale, il kerygma cristologico
già nella predicazione del Gesù prima dell’evento
pasquale. Il che conduceva sulla soglia dell’identità della
persona di Gesù e sulla originalità del
suo messaggio, anche se appariva in controluce una contrapposizione
con il giudaismo del suo tempo.
3) Sulla scia di tali premesse, prende avvio la tappa
più recente della ricerca del Gesù storico,
inaugurata dall’opera Jesus and the Judaism (1985)
di E.P. Sanders e qualificata Third Quest (Terza
ricerca). Pur in presenza di posizioni differenti, G.
Segalla evidenzia le seguenti novità: «1.
la varietà delle ricerche senza una matrice comune
come la prima (razionalismo e positivismo storico) e
la seconda (la teologia kerygmatica) e con una criteriologia
pure varia; 2. il nuovo materiale fornito dalle fonti
giudaiche, usato in senso positivo (plausibilità)
invece che negativo (differenza); 3. la sicurezza che
si può conoscere molto del Gesù storico,
molto più che di altri personaggi famosi dell’antichità,
e che ne vale la pena».(4)
La terza ricerca non solo segnala l’intima relazione
tra Gesù e il giudaismo, in virtù della
quale si mostral’importanza del criterio di plausibilità o
continuità storica, ma evidenzia,
altresì, l’affidabilità storica dei
Vangeli. Si può dire che, sebbene gli scritti
neotestamentari non siano narrazioni storiche nel senso
attuale del termine, quanto piuttosto professioni di
fede nel Messia Risorto e che gli eventi della sua esistenza
storica vengono riletti alla luce della Pasqua (e viceversa),
ciò non toglie che un’analisi accurata può fornire
solidi indizi di quello che fu il suo stile di vita,
i suoi atteggiamenti, gesti e parole. Orizzonte, questo,
decisivo per una riflessione cristologica.
3.
Breve conclusione:
Gesù è il Cristo
Il lungo percorso aperto dalla storia della ricerca
su Gesù, porta a una conclusione: la formula primitiva “Gesù è il
Cristo” non è un’invenzione dei primi
cristiani per architettare la storia di una frode, ma
la comprensione determinante della figura storica di
Gesù, una personalità fuori dal comune,
nel contesto della sua ebraicità. I Vangeli e
gli scritti del Nuovo Testamento quando parlano di Gesù e
della novità paradossale del Regno, lasciano emergere
i tratti della sua personalità e del suo messaggio:
l’assoluta libertà, la proclamazione dell’uguaglianza
tra gli uomini, l’attenzione a coloro che vivono
ai margini della cultura, della società, della
religione, l’annuncio di un Dio-Padre, che oltrepassa
qualsiasi idea di divinità statica e disinteressata
del destino della storia. In tal senso, Gesù non è esauribile
in una formula, né racchiudibile in uno schema
interpretativo prestabilito. Ciò è evidenziato
con insistenza e non senza qualche forzatura interpretativa,
dalla Terza ricerca. Senza dubbio, però, questa è la
conclusione più adeguata, perché sia il
Cristo della fede sia il Gesù della storia sono
difficilmente inquadrabili in una definizione chiusa
all’ulteriorità della ricerca. «Agli
albori del XXI secolo, la figura di Gesù continua
a presentarsi per molti aspetti come un enigma che, forse,
può essere decifrato soltanto se alla luce della
storia sommiamo l’esperienza della fede, per poter
confessare insieme e come i primi cristiani che “Gesù è il
Cristo”, e chiamarlo “Gesù Cristo” ».(5)
Per approfondire
G. JOSSA, Dal Messia al Cristo, Paideia, Brescia
2000.
J. P. MEIER, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico 1. Le
radici del problema e della persona, Queriniana,
Brescia 2001.
G. SEGALLA, Sulle tracce di Gesù. La “terza
ricerca”, Cittadella Editrice, Assisi 2006.
Note:
1. E.
KÄSEMANN, Il problema del Gesù storico,
in ID., Saggi esegetici, Marietti, Casale
Monferrato 1985, 56-57.
2. J.
DEN HEYER, La storicità di Gesù,
Claudiana, Torino 2000, 36.
3. J.
JEREMIAS, Il problema del Gesù storico,
in ID., Gesù e il suo annuncio, Paideia,
Brescia 1993, 29.
4. G.
SEGALLA, La terza ricerca del Gesù storico
e il suo paradigma postmoderno, in R. GIBELLINI
(ed.), Prospettive teologiche per il XXI secolo,
Queriniana, Brescia 2003, 228.
5. J.
PELÁEZ, Un lungo viaggio verso il Gesù della
storia, in J. J. TAMAYO-ACOSTA (ed.), 10
parole chiave su Gesù di Nazaret dalle ‘vite’ di
Gesù al Gesù della ‘vita’,
Cittadella Editrice. Assisi 2002, 103.
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