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pubblicazioni  

Progettare la propria vita nel tempo postmoderno.
di Carmelo Dotolo

1. Tra ambivalenza e complessità

Viviamo nel contesto di un’inaspettata trasformazione epocale, troppo veloce per essere compresa come un normale spazio di crescita e di formazione del progetto di vita. L’impatto su visioni del mondo consolidate e rassicuranti, si snoda attraverso una serie di disagi che attraversano stili di vita, modelli etici, criteri culturali con i quali si è costruito la realtà sociale e le corrispettive, per quanto differenziate, identità religiose, sociali, di genere. Non si tratta di superficiali sensazioni provocate da una realtà che non si adegua alla nostra presa conoscitiva, né di proiezioni psicologiche che tradiscono un’incertezza nell’individuare quale sia il proprio ruolo. Piuttosto, è l’effetto della complessità di una transizione che sta incidendo su parametri valutativi con i quali si è tentato di ridurre i deficit di un contesto culturale faticoso e imprevedibile. Non a caso la metafora della liquidità o del naufragio con spettatore usate per leggere il reale, esprimono la sfuggevolezza, la plasmabilità, la riluttanza degli eventi, a lasciarsi inquadrare in classificazioni che possano orientare, senza tentennamenti, l’interpretazione e le scelte conseguenti. Ogni qualvolta si prova a delineare un possibile spazio di lettura di fenomeni culturali, emerge la parzialità dello sguardo, la sua ineliminabile particolarità che, spesso, contrasta con l’abitudine e il desiderio di erigere la comprensione ad un livello che sia oltre le parti o da nessuna parte (from nowhere). In altre parole, si evita il confronto con le storie di vita, per quanto frammentarie, pensando ad un approccio ideale che cattura e fagocita le diversità, le sfumature, le resistenze. Con l’esito di non riuscire ad intravedere la novità o la potenzialità creativa che realtà, valori, persone possono avere.
Ben inteso. Non si vuole con questo assumere l’ambiguità come criterio orientativo, quasi a lasciarsi sedurre da una condizione che sospende continuamente ogni possibile comprensione o valutazione. Solo ribadire che la complessità del nostro tempo non è un errore di calcolo, ma una condizione che mostra la banalità ideologica di talune narrazioni del passato. Un esempio ci può essere di aiuto. La percezione che abbiamo di una costante e destrutturante lacerazione del tessuto delle relazioni umane, sembra essere confermata da prassi e atteggiamenti in cui prevalgono l’aggressività e l’egocentrismo, la cui normalità contrasta con ipotesi di patologie eccezionali. Anzi, invitano ad un realismo che incrina ogni sogno sulla qualità dell’umano o mostrano la miopia di certe interpretazioni che non intendono riconoscere il declino di umanesimi a buon mercato. Alcuni interpreti alludono ad una implosione dei valori, dovuta ad una crisi che ha disincantato la cultura postmoderna rispetto a promesse di libertà e felicità tipiche del processo di emancipazione moderna. L’esito è (o sarebbe) il declino di quelle norme etiche e culturali che hanno provocato un’insensibilità letale nei riguardi del prossimo, innalzando a unico principio interpretativo l’individualismo e il liberismo come il solo scenario possibile. La questione, però, è molto più articolata, a partire da un lecito dubbio storiografico sulle narrazioni che hanno alimentato l’immaginario sociale e culturale. Sarebbe sufficiente rileggere il percorso, spesso accidentato, che ha dovuto compiere il diritto e l’etica sociale per affermare i diritti dell’uomo come sfondo per una promozione della dignità della vita. A riprova che determinate forme di alienazione umane non sono espressione di una post-modernità che ha decostruito, fino ad avvilirlo, il progresso morale, culturale e religioso del passato. A ben guardare, la cultura contemporanea ha saputo esprimere con lucidità teoretica, oltre che con scelte significative, la centralità dell’altro come condizione per una crescita del soggetto. Anzi, ha indicato come priorità etica, sociale e religiosa, l’orizzonte della relazione quale capacità di stare al mondo con costrutto.
Insomma, ciò che si vuole indicare è che la complessità della contemporaneità non va vista come immagine di un buco nero, ma come lo spazio in cui si è chiamati a coniugare incertezza e rischio quale misura abituale della responsabilità, visto che la differenziazione sociale espone sempre più l’uomo agli effetti delle sue decisioni. Semmai, è sapiente cogliere gli interstizi, le linee di confine che rendono la contemporaneità, un tempo nascente e, per questo, travagliato, nel quale il dominio del contingente invoca l’umiltà dei fini perseguibili. Ma, è necessario, però, evitare due atteggiamenti che alterano la ricerca di un metodo di approccio alla realtà: il fondamentalismo come angoscia per il mutamento, che preferisce mascherarsi dietro la perfezione conformista; e il nichilismo, che rinuncia alle proprie capacità di decisione e di scelta, sfumando ogni possibile lettura della realtà, ritenendola solo interpretazione.

 

(tutto il testo è disponibile in formato pdf)