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Quale missione per l'Europa? Punti nodali e cambiamenti di prospettive.
di Carmelo Dotolo

Uno degli interrogativi più urgenti è quale annuncio cristiano è possibile nella realtà dell'Europa oggi. La questione esige un duplice chiarimento previo: la lettura delle visioni del mondo e della vita che caratterizzano la realtà europea oggi; la forma che il cristianesimo deve assumere perché il vangelo del Regno possa contribuire al cammino di nuove identità culturale e religiose.

Il contesto socio-culturale

L'Europa è un'idea complessa che è alla confluenza di una relazione a tratti amichevole, spesso conflittuale, tra dimensione religiosa (cristiana) della vita e ricerca di autonomia culturale. Si potrebbe affermare che in tale nesso sta la specificità dell'avventura europea dell'umanità: nell'affermazione dell'autonomia della realtà e libertà del soggetto, insieme alla consapevolezza della potenzialità della religione riguardo all'interpretazione della vita. Da queste caratteristiche scaturisce l'intricata trama della storia culturale europea: all'affermazione della democrazia, della proclamazione dei diritti dell'uomo, all'idee "cristiane" della Rivoluzione francese, si affianca la devastante violenza delle guerre di religione, degli antagonismi culturali e politici, della lotta contro qualsiasi forma di ingerenza istituzionale nella libertà individuale. Volendo sintetizzare, si possono individuare questi tratti: a) l'affermazione del soggetto come riferimento determinante, fino alle derive dell'individualismo; b) la scelta preferenziale della democrazia come stile di organizzazione della società, sebbene ciò non abbia bloccato la prepotenza ideologica dei totalitarismi; c) la scoperta dell'alterità quale differenza che inquieta e modifica il proprio punto di vista; d) la presenza di una logica tecnocratica, come strategia di trasformazione della realtà e ottimizzazione della vita; e) il delinearsi di una religiosità attenta all'umano bisogno di benessere e tranquillità.

Da questo quadro, è possibile individuare nell'orizzonte della post-modernità e della globalizzazione il ritratto di una svolta epocale. Essa appare disincantata nei confronti di alcune ideologie che hanno illuso la storia, soprattutto dopo le degenerazioni violente con le quali si è pensato di umanizzare il mondo. Non è un caso se assistiamo ad una stagione sociale segnata da nuove povertà e da una omologazione che crea ingiustizie e fondamentalismi. «Si assiste - scrive Giovanni Paolo II - a una diffusa frammentazione dell'esistenza: prevale una sensazione di solitudine; si moltiplicano le divisioni e le contrapposizioni. Tra gli altri sintomi di questo stato di cose[...] il perdurare o il riproporsi di conflitti etnici, il rinascere di alcuni atteggiamenti razzisti, le stesse tensioni interreligiose, l'egocentrismo che chiude su di sé singoli e gruppi, il crescere di una generale indifferenza etica e di una cura spasmodica per i propri interessi e privilegi» (Ecclesia in Europa, 8).

In definitiva, se da un lato, la spiegazione del mondo è data senza ricorrere all'ipotesi Dio; dall'altro, la mancanza di Dio non sembra creare disagio, né rappresentare un problema, quasi a conferma di quel fenomeno identificato come indifferenza post-atea, la cui stranezza sta in una crisi in grado di favorire lo stesso ritorno della religione. Tuttavia, sarebbe miope non intravedere nella nostalgia dell'assoluto , nella sete di verità e di valori autentici un appello ad una lettura più attenta dell'attuale ricerca dell'uomo europeo.


(tutto il testo è disponibile in formato pdf)