w
pubblicazioni  

Verità e libertà: road map per un accordo
di Carmelo Dotolo

Non c’è dubbio che l’incontro tra verità e libertà costituisce un evento sempre nuovo nei dinamismi della storia e nella ricerca di senso che ogni uomo e donna conducono nello scorrere dei giorni. La complessa trama del loro rapporto non si riferisce solo a questioni di teoria che, talvolta, possono sfiorare l’ideologia di un approccio minimale o fondamentalistico. Essa ha a che fare con la qualità dell’esistenza, con le scelte del quotidiano che delineano l’obiettivo di un’umanizzazione della società, anche in presenza di visioni del mondo e della vita diverse. Gli interrogativi aumentano se consideriamo il fatto che viviamo, come ebbe a dire K. Popper, in una società aperta, nella quale la questione della verità è legata al futuro e alla sua capacità di individuare criteri, priorità, ideali per un orientamento etico. In questo quadro, il contributo della prospettiva cristiana è prezioso, perché può donare un senso e un fondamento del tutto che, malgrado le incertezze della vita, contribuisce alla consapevolezza che il progetto di un mondo diverso non è impossibile. Anche se è affidato alla passione e alla speranza di ognuno di noi.

1.Sulla scia della Dignitatis Humanae
Una delle eredità più significative che il Concilio Vaticano II ha lasciato è l’iscrizione dell’evento della fede dentro i circuiti della cultura, evento che esprime l’importanza di un’antropologia aperta all’incontro con Dio. Se la libertà assume i caratteri di un progetto è perché, secondo la prospettiva cristiana, essa vive la relazione a Dio non in modo concorrenziale, ma come punto d’orientamento per autenticare le condizioni dell’esistenza. Ogni uomo e donna vivono la propria identità come risposta a una decisione che non è indifferente o neutrale, ma costruttrice di storia. Il motivo sta nel fatto che l’apertura di cui è portatrice la libertà religiosa indica che l’uomo è orientato dinamicamente a Dio nel cammino progressivo dell’esistenza «secondo le esigenze della verità» (Dignitatis Humanae, in Enchiridion Vaticanum I, EDB, Bologna 1976, n. 1046) quella verità che scaturisce dall’incontro tra la libertà di Dio che si rivela e la libertà dell’uomo che risponde. È questa la prospettiva decisiva del documento conciliare Dignitatis Humanae: la persona umana è spazio di libertà, che è costitutiva, radicale. Al tempo stesso, però, essa rinvia alla dimensione creaturale dell’uomo, per la quale la vita è stata ricevuta in dono e nessuno l’ha fabbricata da sé. Per questo, si è chiamati ad un’esistenza creativa, che partecipa alla generazione, cura e guarigione delle varie forme di vita. Un’esistenza che si alimenta dalla relazione che porta ad una differente identità, nella cui disponibilità all’altro trova il significato della propria autenticità.

La libertà enunciata nella Dignitatis Humanae è una dimensione inalienabile dell’uomo, parte essenziale della suo dinamismo di maturazione, ma la sua qualità sta nella connotazione religiosa come tensione al Dio della vita e come disponibilità ad un ricerca che oltrepassi la logica del buon senso. Solo a queste condizioni è in grado di conferire un significato alla realtà che non può esaurirsi nelle logiche del determinismo conoscitivo e/o del nichilismo valoriale. Come non rintracciare in questa ermeneutica della libertà l’indicazione del valore della dignità umana e dei processi culturali corrispondenti? Non è, forse, la dignità di ogni singolo essere umano, al di là dei criteri di merito, di interesse e colpa, ad esigere la responsabilità della verità, poiché ognuno appartiene all’umanità come ricercatrice del senso? Appare evidente come è proprio a partire dal codice della dignità umana, che va riletta la reciprocità tra verità e libertà, nella cui relazione si coglie un dinamismo interpretativo che ne riconfigura il significato per l’esistenza.

(tutto il testo è disponibile in formato pdf)