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La vocazione del laico
nella Chiesa, oggi
di Carmelo Dotolo
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1. Alcune premesse
Riflettere sulla
identità e vocazione del laico
all’interno della missione della Chiesa, non è semplice,
data la complessità di significato che ha la categoria
di laico e laicato (1),
segnata, per di più, da un conflitto delle interpretazioni
circa il suo specifico. Ciò richiede alcune premesse
che vogliono mostrare l’orizzonte entro il quale
collocare definire la tipologia dell’essere laico.
In primo luogo, è importante sottolineare il fatto
che l’identità del laico si costruisce nella
storia, in relazione alle richieste e provocazioni che
la cultura offre all’essere credente. L’evidenza
di una simile constatazione può essere colta nel
momento in cui si va ad esplorare una delle due dimensioni
che la riflessione teologica attribuisce all’identità laicale,
la secolarità (2).
Al di là del conflitto interpretativo, ci si accorgerà come
la comprensione di ciò che caratterizza la secolarità è proporzionale
alla delineazione della laicità del credente,
visto che la secolarità esprime una modalità di
vivere e interpretare il progetto di Dio per l’umanità (3).
In secondo luogo, va detto che esiste una laicità del
mondo e della storia che non possono essere accidentali
alla questione dell’identità del laico.
Anzi, la laicità del cristiano è al servizio
di questa laicità della storia, un servizio critico
e profetico che suggerisce al credente di inserirsi nei
sistemi di significato con la sua prospettiva cristiana,
come suggerisce la prospettiva globale di Gaudium
et Spes (4).
Quando parliamo del laico cristiano dobbiamo comprenderlo
a partire dal fatto che sarebbe impensabile una laicità cristiana
al di fuori della laicità che costituisce il tessuto
della storia, secondo il progetto teologico inscritto
nella intenzionalità della creazione come evento
di relazione tra la libertà di Dio e la libertà dell’uomo.
Cosi scrive B. Forte: “Laicità nella chiesa
sta a dire il rispetto dell’autonomia del mondano
al suo interno…In questo senso, laicità nella
chiesa viene a significare libertà del cristiano,
primato della coscienza e della motivazione interiore
rispetto all’osservanza formale, responsabilità di
ciascuno in ordine alla crescita della comunità verso
la pienezza della verità”.(5)
Fatte queste semplici premesse, è opportuno ribadire
le coordinate della riflessione teologico-magisteriale
che individua nella dimensione ecclesiologica e secolare
(cf. Lumen Gentium, 31) il necessario approccio
all’identità e vocazione del laico.
L’essere laico all’interno del servizio che
la Chiesa offre alla storia dice una dimensione “sacramentale”,
di segno particolare e paradossale che traduce la novità del
Vangelo come determinante per la vita. Ciò è tanto
più importante se lo si legge alla luce del quadro
ecclesiologico della categoria di popolo-di-Dio, cioè di
un popolo che trova la sua identità nell’evento
di una chiamata alla sequela del Regno (6) all’interno
della storia. “Ed è il popolo di Dio che
agisce nella storia come vero e proprio soggetto storico,
un soggetto storico collettivo, composto da tutti i christifideles,
portatore dell’unica missione, prima di qualsiasi
distinzione di carismi e di compiti diversi”.(7)
E’ in
questa novità storica, esistenziale, ma anche
etica e teoretica, che la figura del laico acquista la
sua fisionomia di testimone che attesta come la fede
cristiana sia una risposta audace e completa agli interrogativi
della vita “Pienamente partecipi della missione
della Chiesa nel mondo, i laici sono chiamati ad attestare
come la fede cristiana costituisca l’unica risposta
completa agli interrogativi che la vita pone a ogni uomo
e a ogni società, e possono innestare nel mondo
i valori del regno di dio, promessa e garanzia di una
speranza che non delude” (Giovanni Paolo II, Ecclesia
in Europa, 41). Ciò sta ad indicare che l’essere
laico all’interno dell’essere della Chiesa è connesso
alla capacità di offrire risposte, per quanto
possibile, significative alle domande della storia; o
almeno di provocarle con uno stile di vita e di pensiero
che contraddice l’ovvietà di soluzioni a
buon mercato. E’ in questa linea che va percepita
l’intenzionalità della riflessione teologico-pastorale
sul laicato negli anni ’80-90, allorché individuava
nella figura della sequela di Gesù Cristo il punto
nodale dell’ecclesiologia del laicato (e non solo)
(8). Ne conseguiva una identificazione tra laico e cristiano
motivata non solo dall’essere discepoli e testimoni
della memoria di Gesù Cristo, ma anche dalla consapevolezza
che la laicità è responsabile della sua
ministerialità nei circuiti della storia.
La seconda dimensione è quella della secolarità.
A me sembra che essa sia semplicemente l’umano
nella sua ricerca di senso e di felicità (9).
Questo implica che il laico è colui che vive creativamente
la novità evangelica nell’attenzione all’uomo
e ai suoi bisogni. Ecco il motivo per cui l’esortazione
apostolica Christifideles laici (cf. 36-40 )
legge uno stretto nesso tra l’identità del
laico e i processi di evangelizzazione. “Annunciando
il Vangelo […] i fedeli laici partecipano alla
missione di servire la persona e la società” praticando “la
carità, anima e sostegno della solidarietà”.
Il servizio della persona e della società vuol
dire essenzialmente promuovere la dignità della
persona, rispettare l’inviolabile diritto alla
vita, invocare liberamente il nome del Signore e richiede,
inoltre, l’evangelizzazione della cultura e delle
culture.
Infine, va precisato che la categoria di laicità non è di
sola pertinenza teologica, perché appartiene ad
una più ampia e complessa storia delle idee che
affonda le sue radici nella stagione della modernità e
nella sua rivendicazione di autonomia rispetto alla configurazione
religiosa del vivere e del pensare. Quali sono le indicazioni
che la modernità (10) ci
ha offerto e suggerito? Senza entrare nei dettagli e
tenendo presente la difficoltà di dispiegare tutto
il volume di significato che essa rappresenta, si può affermare
che la laicità invocata dalla modernità sia
sintetizzabile nelle idee e valori di libertà e
giustizia, di autonomia e di razionalità che costituiscono
patrimonio comune del genere umano. In tal senso, la
laicità del credente è al servizio di questa
laicità più ampia, il cui ingrediente principale è una
domanda di salvezza e di senso, presente proprio in quei
processi di libertà, di giustizia sociale, fraternità e
solidarietà necessari alla promozione dell’uomo,
anche se sovente disattesi e piegati ad interessi diversi.
Se assumiamo l’idea che le gioie e le speranze,
le domande e i dubbi caratterizzano l’uomo nella
sua ricerca, allora la vocazione e identità del
laico cristiano consiste nell’essere compagni di
viaggio di tale ricerca di senso, nella consapevolezza
che la figura salvifica delineata dal Vangelo si inserisce
nella domanda propria di ogni uomo, orientandola verso
prospettive inusuali segnate dall’imprevedibilità dell’amore
di Dio (11).
(tutto
il testo è disponibile in formato pdf)
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Note: |
1. Per un inquadramento generale cf. M. VERGOTTINI, Laico,
in G. BARBAGLIO – G. BOF – S. DIANICH (edd.), Teologia,
San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, 776-787.
2. Cf. introduttivamente T. CITRINI, Appartenenza ecclesiale
e secolarità, in A. CARGNEL (ed.), Laicità e
vocazione dei laici. Nella Chiesa e nel mondo, Paoline,
Cinisello Balsamo 1987, 57-68
3. Utili indicazioni in A. RIZZI, Dio in cerca dell’uomo.
Rifare la spiritualità, Paoline, Cinisello
Balsamo 1987, 107-118.
4. Scrive G. CAMPANINI, «Ruolo e responsabilità dei
laici nella costruzione della città dell’uomo.
Per una rilettura della Gaudium et Spes», in Rivista
di Teologia Morale 71 (1986) 41-42: “rispettare
il piano di Dio sull’uomo e sul mondo: per i laici
impegnati nella storia significa accollarsi l’oneroso
compito di operare nella città abbandonando le facili
sicurezze di un magistero che offre la risposta ad ogni
problema assumendo dunque sino in fondo le proprie responsabilità”.
5. B. FORTE, Laicità, in G. BARBAGLIO -
S. DIANICH (edd.), Nuovo Dizionario di Teologia.
Supplemento 1, Paoline, Roma 1982, 2011.
6. Cf. S. DIANICH, Ecclesiologia. Questioni di metodo
e una proposta, Paoline, Cinisello Balsamo 1993, 231-255.
Su ciò si veda quanto scrive Y. CONGAR, Un popolo
messianico. La chiesa, sacramento di salvezza. La salvezza
e la liberazione, Queriniana, Brescia 1976, p. 91: “Chi è il
sacramento della salvezza? Il popolo di Dio. Dove e in
che modo? In tutta la sua vita, in tutta la sua storia
vissuta nella storia del mondo. E’ per questo che
Dio (il Signore Gesù) ci ha dato lo Spirito che «ha
parlato per bocca dei profeti»”. Da questa
prospettiva, importante è il testo di J. RATZINGER, Il
nuovo popolo di Dio. Questioni ecclesiologiche, Brescia
19712 e il suo saggio L’ecclesiologia della costituzione «Lumen
Gentium», in R. FISICHELLA (ed.), Il Concilio
Vaticano II. Recezione e attualità alla luce del
Giubileo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000, pp. 66-81.
7. S. DIANICH, Laici e laicità della Chiesa,
in ID..(ed.), Dossier sui laici, Queriniana, Brescia
1987, 136-137.
8. Si veda lo studio di G. CANOBBIO, Laici e cristiani?
Elementi storico-sistematici per una descrizione del cristiano
laico, Morcelliana, Brescia 1972
9. Risultano ancora importanti le riflessioni di K. RAHNER, Considerazioni
teologiche sulla secolarizzazione, Paoline, Roma 1969.
10. Rinviamo al puntuale studio di A. SABETTA, Teologia
della modernità. Percorsi e figure, San Paolo,
Cinisello Balsamo 2002, 15-72.
11. Cf. le stimolanti riflessioni di G. COLOMBO, Sulla
evangelizzazione, Glossa, Milano 1997 e di U. SARTORIO, Credere
in dialogo. Percorsi di annuncio e di fede, EMP, Padova 2002,
63-97. |
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